Santa Maria del Gesù

Il complesso monumentale di Santa Maria del Gesù, ubicato nella parte alta della città di Modica e sfuggito in parte al catastrofico terremoto del 1693 che rase al suolo il Val di Noto, rimane una delle più alte e preziose testimonianze della civiltà costruttiva e figurativa tardo gotica diffusasi in Sicilia tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo.
La costruzione della fabbrica è legata a un momento storico di straordinaria fioritura economica, culturale e civile per la Contea di Modica. Era il 1478 quando i Frati Francescani Minori Osservanti si insediarono nel territorio fondando la chiesa e il convento. Nell’arco di pochi decenni, il complesso prese forma grazie al cospicuo finanziamento da parte dei conti Federico Enriquez e Anna Cabrera, i quali attraverso un legato perpetuo che sanciva la loro unione, ne determinarono anche un fiorente futuro. Dalla sua edificazione fino alla fine del Seicento, il convento fu rilevante sede di studi di filosofia, teologia e scrittura sacra diventando importante luogo culturale della Sicilia sud-orientale. Qui vissero e operarono eminenti rappresentanti della spiritualità francescana e della cultura mediterranea tra i quali spicca lo storico Placido Carrafa, primo a tracciare la storia di Modica dalle sue origini al 1651. Di grande valore sono le cappelle laterali, sorte immediatamente dopo l’edifica- zione della chiesa come luogo privilegiato per le sepolture funerarie, scelto delle più importanti famiglie della città, spazio che arrivo ad annoverare la presenza complessiva di quindici altari. Nel XVII secolo il complesso architettonico subì gravi danni, provocati dai terremoti del 1613 e 1693, a causa dei quali seguirono interventi determinanti per l’articola- zione spaziale e la decorazione interna della navata e delle stesse cappelle laterali. Nel 1866, a seguito dell’Unità d’Italia e della confisca dei beni ecclesiastici, il convento fu riadattato a carcere. Questa destinazione d’uso comportò importanti modifiche alla struttura conventuale ed effetti devastanti per la chiesa che rimase a lungo abbandonata all’incuria del tempo. Dopo alterne vicende, nel 1990 fu promos- so dall’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana un importante restauro di recupero per la cura degli architetti Emanuele Fidone e Bruno Messina.
Il complesso di Santa Maria del Gesù è oggi il risultato di interventi e trasformazioni intrapresi all’interno della chiesa nel corso dei secoli. La stessa piazza antistante alla chiesa si presentava in modo assai diverso dall’attuale: un monumentale viale d’accesso, ricco di statue, collegava l’antica zona abitativa al convento.

La prima fabbrica

Dal complesso percorso di restauro sono emersi gli elementi che hanno consentito di ricostruire l’originaria modulazione interna dell’edificio chiesastico. La struttura dei muri perimetrali e il rinvenimento di tre grandi chiavi di volta, hanno lasciato ipotizzare all’architetto Emanuele Fidone e allo storico dell’arte Marco Rosario Nobile, autorevole voce del progetto, un’articolazione della navata a tre grandi campate quadrate con volte a crociera, comuni- canti su lato destro con le cappelle laterali. In una delle chiavi di volta vi è la raffigurazione di San Bernardino da Siena che sembra riportare la data 1525.  Della decorazione interna oggi rimane poco. Una rilevante scoperta, fatta durante la fase di restauro, è quella riguardante il mirabile affresco raffigurante la Madonna in preghiera circondata da santi, riconducibile alle prime fasi di costruzione e collocato nella cappella, a sinistra della navata per chi entra. Ai primi decenni del Seicento risalgono invece i restauri dopo il terremoto del 1613, realizzati per volere del conte Giovanni Alfonso Enriquez. Si apprende, infatti, che nel 1625 la famiglia Enriquez visitò il complesso e che il conte, fedele alla volontà dei propri avi, elargì un’ingente somma per la ricostruzione. Gli interventi furono immediati e, a testimonianza del fatto già menzionato da Carrafa, la data 1625 si trova incisa in alcuni archivolti. Il terremoto del 1693 fu di certo il più catastrofico, ma la mancanza di notizie storiche e archivistiche non ha permesso di ricostruire il dettaglio dei danni che l’edificio subì. Nella ricostruzione settecentesca la navata fu radicalmente trasformata secondo il gusto dello stile Barocco diffusosi nell’Isola: le aperture longitudinali che davano accesso alle antiche cappelle furono tamponate per porre nuovi altari, l’accesso ad esse fu reso praticabile attraverso un corridoio che ancora oggi le attraversa trasversalmente. La nuova configurazione della navata riguardò la scansione delle pareti longitudinali con altari e lesene binate corinzie, la trasformazione del coro da retto in semicircolare, la costruzione di un endonartece per sostenere la cantoria e una nuova copertura con volta leggera
a botte lunettata. Soltanto nel 1990 viene avviato un progetto di restauro per il recupero del complesso, a lungo abbandonato, intervenendo con la realizzazione di nuove coperture per le cappelle laterali e l’aula basilicale della chiesa. Nel 2005 si è proceduto al completamento dei restauri della chiesa e al ripristino del chiostro. 

Facciata

Gli unici due elementi dell’antica struttura tardo gotica, preservati nel tempo, sono la facciata e il chiostro. Di singolare bellezza e fattura, la facciata, riferibile all’inizio del XVI secolo, è carat- terizzata dal portale ogivale strombato e da una sontuosa decorazione di elementi vegetali e zoomorfi, scudi gentilizi e iconografie che rimandano all’Ordine dei Frati Minori. Due eleganti finestre monofore di gusto moresco, diverse tra di loro, si sta- gliano simmetricamente ai lati dello stemma comitale, oggi non più leggibile. Sulla cornice marcapiano, troviamo un rosone ormai ridotto a oculo e coeva alla facciata resiste la solida torre campanaria posta a sinistra del prospetto.

Chiostro

La stessa eleganza ornamentale si riscontra nel chiostro a doppio ordine del primo ventennio del XVI secolo che rimanda allo stile arabo-normanno. Il primo ordine è scandito da colonnine monolitiche in pietra calcarea tutte diverse tra loro, finemente decorate nei fusti e nei capitelli e riconsegnate all’originaria bellezza nonostante la profonda alterazione dovuta alle esigenze del carcere. La copertura presenta una modulazione di campate quadrate con volta a crociera. Il secondo ordine è caratterizzato da pilastri a base ottagonale e copertura lignea.